venerdì 28 novembre 2008

Lezione ventuno

Lapendolare ieri sera si è regalata 92 minuti di cinema, poi sono arrivati dei pensieri. Lezione 21, il primo film di Alessandro Baricco e Baricco, si sa, o si ama o si odia... io non lo amo e non lo odio...

Un film sui pieni e sui vuoti, sula vita e la morte, la follia e la vecchiaia, la bellezza e il tempo, la leggerezza, la scelta, il paradosso...

Comunque, dopo averci riflettuto e prima che il tempo cambi le mie impressioni, eccole... questo è il mio "Lezione 21"

La Nona sinfonia di Beethoven, la festa del villaggio per la morte di Peter, un violinista che ha deciso di suicidarsi e la scelta di un professore amato dai propri studenti di ritirarsi a vivere con gli squatters dopo aver lasciato l'insegnamento: 3 maniere parallele di "decidere" la propria morte, come si decide la vita, come se si potesse scegliere cosa lasciare e cosa portare, dove, come e quando morire... il tentativo di aumentare il volume dell'addio e di dargli dimensioni epiche... Morire bene, secondo un proprio registro... nessuno dei tre ci riesce: la vera bellezza della musica arriva non con la nona, ma con un successivo quartetto per Beethoven, il violinista muore fra le braccia della sua ragazza e non fra fuochi di artificio e voli di uccelli e neanche solo con il suo violino, il professore va a mangiare in ristoranti di lusso, nè con i suoi alunni, nè con i poveracci...
per tutti la bellezza era altrove rispetto a dove l'avevano cercata e pensata... il vuoto era lo spazio quindi in cui tutti e tre si sono mossi e hanno cercato senza trovere; il pieno arriva alla fine, quando tutto ha un senso.

Il resto è poesia... musica... epica... realisticamente surreale... Baricco decompone la storia, la rende irreale, impossibile, difficile da decifrare... come si faceva agli inizi del '900 con le parole e le rime o con i colori su una tela...eppure è tutto estremamente reale, per come Auerbach usava questa parola: Dante all'inferno usa la lingua e il ritmo che si adatta alla condizione dei suoi dannati, degli ultimi, dei violenti. Nel paradiso la sua lingua è leggera, il ritmo disteso... il perfetto accordo fra il testo e contesto è il realismo dantesco di cui l'Auerbach parla... e non è la stessa cosa in questo film? Per parlare della IX sinfonia, si usa un costrutto sinfonico... storie diverse che dialogano fra loro e che rispondono le une alle domande delle altre, l'una agevola l'ingresso dell'altra... gli alunni che ricordano, i musicisti sul fondo nero, questi strani personaggi della montagna, i contemporanei di Beethoven con i parrucconi, tutti, tutti collaborano alla narrazione. Sinfonia: dal greco syn - con e phoné - voce. Sinfonia = unione di voci.
Cosa direbbe secondo voi l'Auerbach di questo film?

Io non amo e non odio Baricco, ma metto questo film nella mia valigia.

2 commenti:

Giovanni Di Muoio ha detto...

incuriosito da questa tua recensione domani ho deciso di vederlo. Vediamo che succede. Devi scrivere di più.
ciao
giadim

Anonimo ha detto...

ah dimenticavo...

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