All’inizio dell’università, mia madre lottò con tutte le sue forze per convincermi a trasferirmi a Roma. Naturalmente decisi di non ascolatarla, e solo dopo il primo anno di università nella mia città la pregai in ginocchio di mandarmi a studiare nella Capitale. Mi disse di no.
Ho cominciato allora ad odiare la città medievale nella quale sono nata, le montagne che la circondano e impediscono allo sguardo di spaziare fino all’orizzonte.
Alla fine dell’università mi hanno offerto di lavorare a Roma, era un sogno che si realizzava e mi sono trasferita con armi e bagagli.
Due anni dopo ho deciso di tornare nella mia città e di pendolare quotidianamente.
Non mi pento, nonostante sia un dolore l’ignoranza borghese che offende ogni giorno il posto dove sono nata.
Adoro i vicoli, il mercato e la luce viva, l’aria fredda, le chiese, le salite e le discese, le fontane, le pietre per terra, le piazzette e il corso, le storie e le passeggiate che mio nonno mi costringeva a fare con lui da bambina. Resto ancora stupita davanti ai colori di certi tramonti dietro le antenne e mi sento protetta nei luoghi che conosco da una vita. Ogni tanto vago alla ricerca di angoli che non conosco come una turista. E adoro salutare le vecchiette e incontrare persone che non vedi da un po’, e l’aperitivo nei soliti posti, e il cinema e il teatro dove andavo da ragazzina.
Se volete farvi un’idea guardate il film “L’amore non basta” con la Mezzogiorno, Haber e Papaleo; è stato girato, in poco tempo e poco spazio, nella mia piccola città volante.
La racconta splendidamente.
foto da: http://www.tuttiassunti.it/
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