venerdì 20 giugno 2008

Domande e risposte / 2

Nel precedente post parlavo di tempo, domande, strade, attese, felicità... soprattutto di domande

Più o meno quello che facevo da ragazzina quando leggevo Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi e pensavo di essere io Alex D.: le sue domande erano così terribilmente simili alle mie... c'era un passaggio che avevo imparato a memoria, praticamente, e lo sciorinavo adavanti a mia madre ogni santo pomeriggio quando invece di studiare scappavo col mio sfx su a San Giuliano con Cico e PiccolaStellaSenzaCielo, le mie compagne di banco ai tempi del liceo (era l'epoca di Ligabue, Kurt Cobain purtroppo se ne era già andato. Io per la cronaca concludevo il trio chiamandomi Barracuda, la vittima che diventa carnefice... decisamente un'adolescenza pulp).

Il passaggio era questo:
"A quanto ne so dovrei studiare per strappare un titolo di studio che a sua volta mi permetta di strappare un buon lavoro che a sua volta mi consenta di strappare abbastanza soldi per strappare una qualche cavolo di serenità tutta guerreggiata e ferita e massacrata dagli sforzi inauditi per raggiungerla. cioè, uno dei fini ultimi è questa cavolo di serenità martoriata. Il ragionamento è così. Non ci vuole un genio. e allora perchè dovrei sacrificare i momenti di serenità che mi vengono incontro spontaneamente lungo la strada? perchè dovrei buttarli in un pozzo, se fanno parte anche loro del fine a cui tendere? se un pomeriggio posso andare a suonare o uscire con una ragazza che mi piace, perchè cavolo devo strmente in casa a trascrivere le versioni dal traduttore o far finta di leggere il sunto di filosofia? la realtà è che mi trovo costretto a sacrificare il me diciassettene felice di oggi pomeriggio a un eventuale me stesso calvo e sovrappeso, cinquantenne soddisfatto, che apre la porta del garage col comado a distanza e dentro c'ha una bella macchina, una moglie che probabilmente gli fa le corna col commercialista e due figli gemelli con i capelli a caschetto identici in tutto ai bambini nazisti della kinders. tutti dentro al garage, magari, no. diciamo più o meno intorno. cioè, circondato. dunque la domanda è: un orrore di queste proporzioni vale più del sole e del gelato di oggi pomeriggio? più di qualunque ragazza? ".

Certo, una dozzina di anni dopo sono finite le versioni di latino e i sunti di filosofia, e per fortuna, anche i pomeriggi a suonare e il gelato con un coetaneo (in effetti siamo passati all'aperitivo)... è finito anche il senso di continua privazione, di insicurezza perenne, di vaghezza, di dubbio... e le litigate per uscire, i sensi di colpa mostruosi, i desideri frustrati...ragazzi, io ci tornerei pure a farmi un giro negli anni '90, però, sinceramente... va decisamente meglio adesso che a 16 anni.
Questa libertà e questa leggerezza, la capacità di rendermi padrona delle mie scelte, e anche la possibilità di sbagliare senza che nessuno mi presenti il conto alla fine o mi sgridi... e soprattutto... il poter vivere senza sacrificare nulla, finalmente!

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