giovedì 6 marzo 2008

"Padre mio, ché non m'aiuti?"

Le autopsie eseguite in quesi giorni hanno confermato quanto gli inquirenti avevano immaginato: i due fratellini di Gravina caduti nella cisterna di un casolare abbandonato nel centro del paese hanno sofferto a lungo prima di morire.
Uno in particolare, quello più piccolo,
Salvatore, sarebbe rimasto in vita per due giorni interi.
Ora, sulla vicenda è stato detto di tutto e non serve aggiungere altro, ma… lo sentite un senso di nausea solo a pensare a quel bambino? È capitato anche a voi di vederla la scena di quel ragazzino che sta morendo assiderato e percepisce solo un gran caldo tanto che si sfila la maglietta che indossava? E ci pensate a quante lacrime deve aver pianto guardando il fratello morto lì vicino a lui? E quanto deve aver desiderato che tutto finisse presto senza sapere in che maniera? E quanto deve aver desiderato un abbraccio, un bacio? E il senso di impotenza, di sconfitta, la paura?
Quando la sera del 25 febbraio si è saputo del ritrovamento dei corspi dei bambini mi è venuto in mente il racconto che il conte Ugolino fa a Dante della morte dei suoi figli rinchiusi con lui per vendetta in una torre e destinati ad una morte certa ed atroce per colpe che non avevano compiuto:

«Poscia che fummo al quarto dì venuti
Gaddo mi si gettò disteso a' piedi,
e disse: "Padre mio, ché non m'aiuti?".
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid'io cascar li tre ad uno ad uno
tra il quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti
Poscia, più che il dolor, poté il digiuno».

Davanti a queste cose io non riesco a fare altro che alzare gli occhi e a domandare: «Perché?» .
Non so se è mancanza di fede o cosa, ma parliamo di due bambini, anzi non di due ma di milioni, temo, di bambini che muoiono ogni giorno per la fame, la miseria, la violenza… «Perché?»

Nessun commento: